Cassazione / Anche in caso di responsabilità solidale tra committente ed appaltatore prescrizione quinquennale per i contributi INPS

Il termine di decadenza biennale previsto all’art. 29 d.lg. n. 276/2003 fa riferimento ai trattamenti retributivi e contributivi suscettibili, però, di essere fatti valere direttamente dai lavoratori, non potendosi estendere l’efficacia del termine decadenziale anche a soggetti terzi, quale l’ente previdenziale, i cui diritti scaturenti dal rapporto di lavoro disciplinato dalla legge si sottraggono dal termine di decadenza previsto ex lege” (Cass. Civ., Sez. Lav., 4 luglio 2019, n. 18004).

Di recente, sia la Suprema Corte di Cassazione che l’Ispettorato Nazionale del Lavoro sono intervenuti sull’argomento relativo alla responsabilità solidale tra committente e imprese appaltatrici e subappaltatrici in relazione al versamento dei contributi dovuti ai lavoratori impiegati negli appalti.

Preme rammentare che il D.Lgs. n. 276/2003, all’art. 29, co. 2, sancisce il principio della responsabilità solidale del committente di un appalto per i crediti retributivi e contributivi vantati dal lavoratore dipendente verso il proprio datore di lavoro stabilendo che: “in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto”.

Ebbene, l’Ispettorato del Lavoro, con nota n. 9993 del 19 novembre 2019, ha chiaramente specificato che, nell’ambito di applicazione della responsabilità solidale entro il limite dei due anni, non vi rientrano i crediti contributivi vantati dagli Enti previdenziali. Ne consegue, quindi, che l’INPS potrà far valere il suo credito contributivo entro il termine ordinario di prescrizione di cinque anni, termine previsto dall’art. 3, co. 9, L. n. 335/1995.

Risulta opportuno, pertanto, distinguere i crediti retributivi dei lavoratori dai crediti contributivi vantati dagli Istituti previdenziali. Ciò in quanto, il regime decadenziale dei due anni previsto dalla succitata norma di cui al D.Lgs. n. 276/2003 si applica solo all’azione esperita dal lavoratore e non invece alle azioni promosse dagli Enti previdenziali.

La ratio di tali interventi è riscontrabile nella differenza tra il rapporto di lavoro e quello previdenziale. La Suprema Corte di Cassazione, infatti, ha sancito la funzione garantistica di tale orientamento, spiegando che l’applicazione estensiva del termine decadenziale dei due anni porterebbe all’eventualità che “alla corresponsione di una retribuzione a seguito dell’azione tempestivamente proposta dal lavoratore, non possa seguire il soddisfacimento anche dell’obbligo contributivo solo perché l’ente previdenziale non ha azionato la propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell’appalto” (cfr. sent. n. 18004 del 04.07.2019, n. 22110 del 04.07.2019, n. 8662 del 28.03.2019 e n. 13650 del 21.05.2019).

Pertanto, l’INL si è adeguato all’orientamento giurisprudenziale che sancisce il principio secondo il quale l’INPS potrà far valere il suo credito contributivo entro il termine di prescrizione di cinque anni e non entro quello di due anni previsto ex lege.