Le molteplici responsabilità del Geometra

Come per ogni categoria di liberi professionisti, anche per quella dei Geometri l’ordinamento giuridico ha previsto una stringente disciplina delle responsabilità che investe sia l’ambito civilistico che deontologico della professione, sino a lambire l’aspetto penalistico.

Tali rigorose previsioni normative sono giustificate dal contatto del professionista con la committenza, per lo più costituita da soggetti sprovvisti di competenze tecniche che si rivolgono al Geometra affidandosi totalmente alla sua diligenza, preparazione e perizia.

Il Codice Civile, al fine di tutelare questi soggetti (alias, i committenti), ritenuti presuntivamente le parti deboli del contratto, ha disciplinato, all’art. 2230 c.c., la relazione tra il professionista e il suo cliente, configurandola come un contratto d’opera intellettuale, regolamentato dagli articoli 2229 e ss. c.c., nonché dalle norme di cui agli articoli 2222 e ss. c.c. in quanto compatibili.

La rilevanza pubblicistica delle professioni intellettuali è evidenziata dal fatto che la legge prevede un esame di stato il cui superamento è prodromico all’esercizio della professione ed individua quelle professioni per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione ad un Albo professionale (ai sensi dell’art. 2229 c.c.).

Più concretamente, basti pensare che, secondo quanto previsto dall’art. 2231 c.c., in assenza della regolare iscrizione del geometra all’Albo previsto dalla legge, il professionista non potrà esigere il pagamento del compenso.

Diversamente, l’eventuale cancellazione del professionista dall’Albo, che sia intervenuta durante lo svolgimento del contratto, comporta la risoluzione del medesimo e la remunerazione del professionista in proporzione solo all’utilità del lavoro compiuto.

A rimarcare la rilevanza che l’ordinamento ricollega all’iscrizione all’Albo, per la tutela sia dell’affidamento dei committenti che del decoro della categoria professionale, si sottolinea che la mancata iscrizione all’Albo comporta anche la responsabilità penale per esercizio abusivo della professione ex art. 348 c.p.

In sintesi, dunque, per comprendere la responsabilità – meglio sarebbe dire, le responsabilità – del Geometra, si deve premettere che il rapporto che lo lega al cliente è un contratto d’opera (art. 2222 c.c.), che si realizza quando il professionista si obbliga a compiere, a fronte di un corrispettivo, un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.

Il professionista, quindi, al contrario del lavoratore subordinato, svolge la prestazione richiesta in piena autonomia, secondo la propria indipendenza di giudizio e mirando alla realizzazione delle esigenze del committente.

Conseguenza di una simile autodeterminazione è che il Geometra incaricato, in quanto libero professionista e lavoratore autonomo, risponde personalmente e direttamente della propria attività.

Da ciò discende il dovere di curare scrupolosamente la propria preparazione, tenendosi aggiornato, al fine di fornire una prestazione esatta non solo dal punto di vista della diligenza ma anche da quello della perizia.

In altri termini, l’ordinamento non ammette carenze nella preparazione tecnica del professionista e non tollera disattenzioni in merito alla specifica diligenza richiesta.

Ma vi è di più. Nel contratto di prestazione di opera intellettuale stipulato con un committente privato, la scelta del Geometra si basa sul cd. intuitus personae, vale a dire sulla “fiducia” strettamente personale, che il primo ripone nella persona fisica del professionista.

Questo non implica che il professionista non possa avvalersi del supporto di altri soggetti – la legge prevede infatti espressamente che tale collaborazione sia possibile e consentita, salvo diverse disposizioni del contratto o degli usi e qualora non sia incompatibile con l’oggetto della professione (art. 2232 c.c.) – ma soltanto che anche l’attività dei sostituti e degli ausiliari sarà sottoposta alla direzione e responsabilità del Geometra incaricato.

Pertanto, il professionista ha il dovere non solo di curare scrupolosamente la propria preparazione, ma anche di scegliere responsabilmente i soggetti che lo assistono nell’attività commissionatagli.

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Alla luce delle numerose competenze proprie del Geometra secondo la Legge professionale (R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, art. 16, nonché degli altri ruoli che possono essere rivestiti dal Geometra  moderno (a titolo esemplificativo, quelli discendenti dalla normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, ex D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) nonché del fatto che l’opera del professionista tecnico concerne necessariamente interessi pubblici (basti pensare all’interesse inerente la sicurezza di un fabbricato o a quello inerente la sicurezza del posto di lavoro), è naturale che il Geometra rischi di incorrere in responsabilità di varia natura.

In estrema sintesi, la responsabilità del geometra (come quella di ogni professionista tecnico) può essere: civile; amministrativa; penale; disciplinare.

Tra tutte, quella contro la quale il professionista tecnico può impattare più facilmente è la responsabilità civile, di seguito sintetizzata.

Innanzitutto, occorre premettere che la giurisprudenza è solita suddividere le obbligazioni – ossia il rapporto giuridico in base al quale una parte, il cd. debitore, è tenuta ad una prestazione, suscettibile di valutazione economica, nei confronti di un’altra parte, cd. creditore – in:

  • obbligazioni di mezzi, in cui il debitore è tenuto a svolgere diligentemente la propria prestazione indipendentemente dal raggiungimento dello scopo prefissato dal creditore;
  • obbligazioni di risultato, in cui il debitore è tenuto alla realizzazione dello scopo perseguito dal creditore.

La Giurisprudenza in materia riconduce l’obbligazione del professionista nella categoria delle obbligazioni di mezzi: vale a dire, il cliente non potrà pretendere che il professionista ottenga il risultato ma potrà esigere che egli adotti la diligenza che la singola fattispecie richieda usando tutto il proprio bagaglio d’esperienza e cognizioni onde tentare di risolvere al meglio il problema.

Alla luce di ciò, si comprende come l’obbligazione di mezzi venga definita anche “obbligazione di diligenza”.

Il professionista sarà, dunque, considerato in colpa quando, nell’espletamento della propria prestazione, ometta la necessaria diligenza e, dunque, quell’insieme di doverose cautele che dovrebbero caratterizzare il suo comportamento in relazione alla natura del singolo rapporto ed alle circostanze di fatto che lo caratterizzano.

Per quanto riguarda le obbligazioni relative all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza del professionista deve valutarsi a norma dell’art. 1176, secondo comma, che disciplina la cd. diligenza qualificata, che ha specifico riguardo alla natura dell’attività espletata, e in virtù della quale il professionista risponde anche per colpa lieve.

Di contro, se la prestazione implica la soluzione di problemi di speciale difficoltà, il professionista non risponde dei danni se non per dolo o colpa grave (art. 2236 c.c.).

In assenza di una interpretazione univoca della locuzione “problemi di speciale difficoltà”, vengono generalmente presi in considerazione sia l’impegno intellettualmente richiesto – che deve essere superiore a quello del professionista medio – sia la natura della prestazione stessa.

Tuttavia, la Giurisprudenza tende ad applicare questa norma (art. 2236 c.c.) in via residuale e solo ai casi di imperizia, non anche a quelli di negligenza e imprudenza, per contemperare l’attenuazione della normale responsabilità in capo al professionista che nelle fattispecie di cui all’art. 2236 c.c. è tenuto al risarcimento del danno unicamente per dolo o colpa grave.

A ben vedere, in ogni caso, gli artt. 1176, secondo comma, e 2236 c.c. esprimono un concetto unitario in base al quale il grado di diligenza deve essere valutato con riguardo alla difficoltà della prestazione effettuata e la colpa del professionista consiste nell’inosservanza della diligenza richiesta nel caso di specie.

In definitiva, il professionista risponde del proprio inadempimento:

  • anche per colpa lieve, qualora non abbia espletato, con la dovuta diligenza, la prestazione, pur trovandosi di fronte ad un caso ordinario;
  • solo per colpa grave o dolo, qualora la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà e quindi quando l’esecuzione della prestazione richieda una perizia superiore a quella ordinaria della categoria.

La nozione di colpa grave in campo professionale comprende, a mero titolo esemplificativo:

  • ignoranze incompatibili con il grado di preparazione che una certa professione richieda;
  • ogni imprudenza che dimostri grave superficialità per i beni primari che il cliente affida alle cure del professionista.

La responsabilità per colpa deriva dunque da:

  • negligenza, ossia incuria o disattenzione;
  • imperizia, ossia da ignoranza di cognizioni tecniche od inesperienza professionale;
  • imprudenza, ossia assenza della doverosa e preventiva riflessione;
  • inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

Fermo quanto sopra, va anche detto che la posizione della Giurisprudenza circa l’inserimento dell’obbligazione del professionista tecnico nelle obbligazioni di mezzi ovvero in quelle di risultato non è univoca.

Contrariamente alle professioni “classiche”, la difficoltà di inquadrare l’obbligazione del professionista “tecnico” nella categoria delle obbligazioni di mezzi derivava dal fatto che, molto più che nelle altre professioni, nella prestazione del professionista tecnico v’è una sostanziale coincidenza tra la prestazione ed il risultato voluto dal committente (l’opera).

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha stabilito che, indipendentemente dal fatto che l’obbligazione del professionista tecnico sia considerata obbligazione di mezzi ovvero di risultato, il regime di responsabilità risulta essere sempre il medesimo per cui l’inadempimento, oltre che totale o dovuto a incuria o disattenzione, consiste generalmente nell’imperizia, ossia nell’errore determinato da ignoranza di cognizioni tecniche o da inesperienza professionale, sia quando il professionista risponde solo per dolo o colpa grave ex art. 2236 c.c., sia quando – secondo le regole comuni – deve rispondere anche di colpa ex art. 1176, comma 2, c.c. (Cass. civ., sez. un., 28 luglio 2005, n. 15782).

In conclusione, si precisa anche che, in presenza di responsabilità contrattuale, dunque per inadempimento, sul creditore – in questo caso il committente – graverà l’onere di provare l’esistenza del contratto e di dedurre l’inadempimento del professionista, mentre sul debitore – il professionista – graverà l’onere di provare che l’inadempimento è conseguito ad un’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (ex art. 1218 c.c.).